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Mercoledì 24 Aprile 2024

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Omelia dell’arcivescovo Ivan Maffeis alla Veglia di Pentecoste in cattedrale

Perugia (PG) -

Com’è bella, com’è vera e com’è attuale l’antica invocazione con cui abbiamo pregato poco fa: “Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri…”.

Lo Spirito Santo è il dono più grande: è l’amore infinito tra il Padre e il Figlio, amore incontenibile che si riversa sulla creazione, su ogni uomo, su ogni donna.

Di questo Spirito noi viviamo: “Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa”. Sì, c’è uno spirito che umilia, divide, porta a perdere la fiducia nella la vita: ma questo spirito non viene da Dio… Dove arriva lo Spirito del Signore giungono, piuttosto, il perdono e la pace, la forza di non disperare – mai! –, di riconciliarci con le ferite dell’esistenza.

Non è facile parlare dello Spirito. Lo Spirito lo si avverte, lo si intuisce, lo si indica per simboli: “quasi un vento che si abbatte impetuoso”, “lingue come di fuoco”, che portano l’unità e l’intesa laddove ci si aspetterebbe la divisione, la paura, la confusione e l’incomprensione. L’esperienza dello Spirito ci porta a vincere le resistenze, le diffidenze, i sospetti reciproci: è comunione nella diversità, ci ricorda la pagina degli Atti: comunione che non cancella le differenze, non significa pensarla tutti allo stesso modo, ma è disponibilità e capacità di capirsi e di incontrarsi, nonostante ciascuno di noi parli la propria lingua.

La Chiesa stessa, ci ha ricordato il Vangelo, nasce dallo Spirito Santo che la rende prolungamento visibile del Signore nella storia, luogo in cui fare esperienza dell’incontro con Gesù Cristo, Parola viva e definitiva del Padre, risposta ultima alle attese più profonde del cuore.

È nello Spirito Santo che ci è data la grazia della fede, la grazia di credere e riconoscere – come dice Paolo – che “Gesù è il Signore”; è grazia pregare e non smarrire la sua amicizia e il suo sguardo, la memoria di lui, nel pellegrinaggio terreno.

Questa sera mi sono chiesto dove, dopo questi primi 9 mesi, posso dire di aver visto i segni dello Spirito in questa terra umbra.

Un segno della sua presenza vivace e fraterna non fatico a riconoscerlo nell’Assemblea diocesana che ieri e oggi ci ha riuniti insieme, animati dal desiderio di essere sempre più una Chiesa preoccupata di servire il Vangelo con uno stile di gratuità e di cura, radicati in ciò che è essenziale; una Chiesa che cresce nella corresponsabilità e riconosce l’altro nella ricchezza dei suoi carismi; una Chiesa che lascia trasparire il cuore e quindi la tenerezza di Dio ed è casa nella quale tutti hanno il diritto di trovare rispetto e accoglienza.

Ho visto un segno dell’azione dello Spirito nelle nostre parrocchie, nei tanti operatori pastorali incontrati sul territorio (catechisti e animatori dei giovani); soprattutto, l’ho visto nei nostri presbiteri. Sono settimane nelle quali con molti di loro ci si incontra per nuove destinazioni di ministero: lasciare e ricominciare è sempre doloroso, lo fai se vivi un’appartenenza che diventa disponibilità.

Ho visto un segno dell’azione dello Spirito nei nostri monasteri: anche laddove non mancano le fatiche, sono luoghi – meglio: sono donne e uomini – che fanno posto al silenzio, all’interiorità, alla preghiera, al colloquio spirituale con quanti bussano alla loro porta.

Ho visto un segno dell’azione dello Spirito in tante opere di carità – a partire da quelle poste dalla nostra Caritas – che, con gratuità e generosità, sono espressione concreta di attenzione e di consolazione per le più diverse povertà.

Ho visto un segno dell’azione dello Spirito nella vivacità di tanti movimenti ecclesiali – Neo-catecumenali, Rinnovamento nello Spirito, Comunità Magnificat, Comunione e Liberazione… –: con i loro carismi sono a servizio del bene di tutta la Chiesa.

Ho visto un segno dell’azione dello Spirito entrando nel mondo del lavoro, nelle aziende, nelle fabbriche, nelle caserme, nell’Università, nelle redazioni giornalistiche, nell’Ospedale, nelle case di riposo, nell’Hospice, nel carcere, nelle sedi delle nostre Istituzioni: quante persone compiono quotidianamente il loro dovere con dedizione e competenza, nel silenzio, consapevoli che forse nessuno mai dirà loro grazie, animati dalla coscienza di una responsabilità nei confronti degli altri.

L’elenco sarebbe ancora lungo. Affido a voi il compito di completarlo.

“La Chiesa della nostra epoca – epoca particolarmente affamata di Spirito, perché affamata di giustizia, di pace, di amore, di bontà, di fortezza, di responsabilità, di dignità umana – deve concentrarsi sul mistero dello Spirito, ritrovando in esso la luce e la forza indispensabili per la propria missione. E la Chiesa del nostro tempo ripete con sempre maggior fervore e con santa insistenza: “Vieni, o Santo Spirito! Lava ciò che è sordido! Feconda ciò che è arido! Risana ciò che è ferito! Piega ciò che è rigido! Riscalda ciò che è gelido! Raddrizza ciò che è sviato!”. Questa supplica allo Spirito, intesa a ottenere lo Spirito, è la risposta a tutti i materialismi della nostra epoca” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 18).

DISCLAIMER: Questo articolo è stato emesso da Arcidiocesi Perugia-Città della Pieve ed è stato inizialmente pubblicato su diocesi.perugia.it. L'emittente è il solo responsabile delle informazioni in esso contenute.

[Fonte: Umbria OnLine]

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