«Non esiste educazione senza comunità e al di fuori della comunità; non esiste comunità che possa chiamarsi fuori dal compito educativo». È il doppio binario indicato da monsignor Paolo Giulietti, vescovo ausiliare di Perugia e direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale giovanile della CEI dal 2001 al 2007, al XIV Convegno di Pastorale giovanile in corso a Brindisi, esemplificato dall’espressione resa celebre da Papa Francesco, “Per educare un figlio ci vuole un villaggio”.
Da parte della comunità cristiana, tuttavia, la risposta è «ambigua». «Da una parte – ha osservato mons. Giulietti – continua a esistere un certo “parallelismo” tra pastorale giovanile e comunità», frutto pure «della crescente fatica di comunicare tra le generazioni, anche di preti»; «dall’altra crescono le esperienze di coinvolgimento di una pluralità di soggetti nei percorsi e negli ambienti educativi». Vi sono casi di una «inedita collaborazione della realtà di pastorale giovanile con le altre agenzie educative locali, accanto a molte situazioni in cui ci si comporta da perfetti estranei, quando non da concorrenti». Eppure, ha rilevato il vescovo ausiliare di Perugia, «i figli sono una cosa preziosa per tutti»” come pure «nessuna agenzia è capace da sola di conseguire i propri obiettivi, se davvero scommette sull’educazione».
«Non basta – ha concluso mons. Giulietti –far quadrato contro alcuni “nemici comuni” (dipendenze, media, cultura dello scarto, economia che uccide…): occorre sperimentare con coraggio percorsi di progettualità condivisa e di feconda interazione reciproca».
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