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Sabato 20 Aprile 2024

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Livietta e Tracollo: la critica

Corciano (PG) -

Nascosta tra il pubblico, ha assistito alla prima produzione della stagione della Fondazione Brunello Cucinelli e questo è il contributo che ha poi pubblicato.

Un bosco incantato, dipinto dei colori d’autunno apre la scena e incornicia i protagonisti e i loro travestimenti. Stupore di foglie che cadono, mentre cadono gli abiti dei protagonisti e se ne indossano di nuovi: Livietta diventa un contadino francese, Tracollo una mendicante polacca “gravida”, l’una per “smascherare” le malefatte dell’ altro, l’altro per sfuggire al suo giudizio e ad una condanna, entrambi per scoprire alla fine l’affetto profondo che li lega. Livietta e Tracollo intermezzo in due parti di Giovan Battista Pergolesi, un intermezzo gemello meno noto de La serva padrona, a riempire gli intervalli di un’opera importante. Una “operina”, fra le parti dell’opera grande Adriano in Siria, diventata invece ben presto un fortunato siparietto godibilissimo, dalla comicità basata sui travestimenti, sugli scambi di ruolo e persona e su verbali non- sense.

Testo dalla esile trama, ma retto dalla vena musicale di Pergolesi che è la vera trama portante, ripropone lo schema tradizionale dell’intermezzo: due personaggi di sesso diverso che, con diversi accadimenti, passano da una iniziale situazione di conflitto alla riconciliazione finale, passando attraverso travestimenti, prove difficili, finte minacce, insieme a due mimi loro “complici” Fulvia e Facenda, e ai villani che legano e percuotono Tracollo. Il tutto con un linguaggio colorito da dialettismi, giochi linguistici e storpiature comiche. Ritornano in musica i ritmi delle arie napoletane – Vi sto ben, vi comparisco?- di Livietta “travestita”, insieme a interventi comici che raggiungono l’acme con Tracollo sbeffeggiato, smascherato e questuante pietà: – Miseri, a chi mi volgerò? A voi lumi, a voi pianeti e a voi che un palmo di coda avete, funestissime comete? – tragicamente rivolto alle stelle fisse- E ancora -Ecco il povero Tracollo vicino a tracollar. E mi sento soffocar. Povero collo e povero Tracollo, povero gozzo, gargarozzo, già mi sento soffocar…”-Bell’assolo comico di Tracollo. Ma se il registro musicale cambia, e l’aria si fa subito seria e densa d’affetto- Vedo l’aria che s’imbruna, e una stella ora appar -, questo è immediatamente dopo riscattato dall’aspetto caricaturale di un Tracollo astrologo che legge le stelle, mentre Livia si strugge d’amore e chiede perdono fingendo un malore. Il canto diventa suadente nel duetto conclusivo -Perdonami, la destra stringimi, di pace il segno-, siamo vicini alla riconciliazione finale, le note si addolciscono, le braccia si allungano, le mani si sfiorano, gli sguardi si incrociano. È il lieto fine di Livietta che chiede amor- Tracollo mio! Se prometti di cambiar mestiere, sarò tua sposa-. Cambia il ritmo ed è quello di una grande festa – Per la gioia io mi sento liquefar- duettano insieme- per la gioia io mi sento liquefar-. Le musiche magistralmente eseguite dall’Accademia Hermans diretta dal M° Fabio Ciofini.

Nonostante la povertà drammatica, questo intermezzo ebbe fortuna essenzialmente per la bravura dei cantanti e per le musiche di Pergolesi, mostrando radicali modifiche dal canovaccio iniziale. Eseguito per la prima volta a Napoli nel 1734 fra gli atti dell’Adriano in Siria, conobbe un grande successo europeo e venne in seguito rappresentato ad Amburgo, Praga, Lipsia, Dresda, Madrid, Vienna, Parigi, Barcellona, Copenaghen e in Italia a Roma Milano, Genova, Venezia, Firenze, Bologna. Questa fu la vera fortuna dell’Intermezzo: la sua diversa adattabilità ai processi e ai meccanismi dello spettacolo operettistico del settecento.

DISCLAIMER: Questo articolo è stato emesso da Teatro Cucinelli ed è stato inizialmente pubblicato su www.teatrocucinelli.it. L'emittente è il solo responsabile delle informazioni in esso contenute.

[Fonte: Umbria OnLine]

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