Sarebbe facile in questo momento dar voce ai ricordi, alle piccole e grandi confidenze, ai tanti incontri, ai segni concreti con i quali Papa Francesco, in maniera unica, sapeva raggiungerti e sorprenderti.
Sarebbe facile, ma rischierebbe di risolversi in un parlare più di sé che di lui, la cui morte lascia un segno profondo in tutto il mondo, a maggior ragione in una stagione così incerta e confusa come la nostra.
Lasciamo, dunque, che a parlare sia innanzitutto il Vangelo. Questa sera lo fa attraverso la figura di Maria Maddalena, “una donna sfruttata e disprezzata da quelli che si credevano giusti”, disse il Papa in una delle prime omelie del mattino, in Santa Marta, pochi giorni dopo la sua elezione. Una donna, la Maddalena, di cui, nel 2015 – durante il Giubileo della Misericordia – il Papa istituì la festa liturgica.
La spiegazione di questa predilezione per la povera gente, per chi è usato e disprezzato nel mondo, è in fondo la chiave del pontificato di Francesco ed è già contenuta nel suo motto, Miserando atque eligendo, ossia, lo guardò con misericordia e lo scelse. Il riferimento diretto è all’episodio dell’incontro di Gesù con Matteo, l’esattore delle tasse, dove lo sguardo del Signore affascina Matteo al punto tale da lasciare tutto per seguire il Maestro. Quell’incontro, quella possibilità vale per ciascuno di noi. E Papa Francesco non ha mai smesso di ricordarlo, è offerto a ciascuno, nessuno escluso.
Tornando al Vangelo, chissà come si sarà sentita incompresa la Maddalena davanti alla domanda dei due angeli: “Donna, perché piangi?”. Cos’altro si può fare, davanti alla morte di una persona amata? La morte – lo sappiamo per esperienza – spalanca un vuoto nella vita di chi rimane; un vuoto reso ancora più grande dalla consapevolezza dello spreco che la morte porta con se, la morte disperde un patrimonio inestimabile di affetti, di sensibilità, di cultura, di saggezza. Quando se ne va una persona, scompare davvero il suo modo di vedere la vita, di interpretarla, di essere riferimento.
Finalmente, la Maddalena “si voltò indietro e vide Gesù, in piedi”. È solo quando si volta, è solo quando distoglie lo sguardo dal sepolcro – dal lutto, dalla morte – che scorge una presenza, anche se non è ancora in grado di riconoscerla.
Il suo dialogo con quel misterioso “custode del giardino” ci aiuta a lasciarci raggiungere personalmente dalla domanda decisiva: “Donna chi cerchi?”. Cerchi un corpo inanimato, una cosa morta, o cerchi Qualcuno?
Il Signore non si presenta facendo una lezione di catechismo, non si presenta con un dotto ragionamento, ma pronunciando con amore il suo nome: “Maria”. E questa donna, sentendosi chiamata per nome, si rimette in piedi, torna a battere il suo cuore, torna a battere la sua vita al punto tale da accogliere la missione, l’invito del Risorto: “Va’ dai miei fratelli…”. A sua volta la Maddalena non va a portare una dottrina, ma la gioia di un incontro – “Ho visto il Signore!” – porta un’esperienza, una relazione che apre alla fiducia in Dio, il Dio della vita e apre alla fraternità solidale con gli altri.
Papa Francesco ci ha introdotto in questa duplice relazione, con Dio e con l’altro, sentito e riconosciuto come un fratello. Ci ha messo in guardia, il Papa, fin dal suo primo e fondamentale testo, Evangelii gaudium, ci ha messo in guardia contro il grande rischio che corre il nostro mondo, quello di una tristezza individualista: “Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi – scrive il Papa – non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non palpita l’entusiasmo di fare il bene”.
Di qui l’indicazione, che oggi diventa la nostra eredità: “Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore”.
A spegnere la gioia, semmai, sono le violenze, l’odio, le guerre, la folle corsa agli armamenti: “Viene da pensare che la società mondiale stia perdendo il cuore”, denuncia nella sua ultima enciclica dello scorso ottobre. Solo “amando – spiega – una persona sente di sapere perché e a che scopo vive; solo a partire dal cuore le nostre comunità riusciranno a unire le diverse intelligenze e volontà…”.
Concludo pensando che siano rivolte a ciascuno di noi le parole commuoventi con cui Papa Francesco termina il suo Testamento: “Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene e continueranno a pregare per me”. La nostra presenza è segno di questo affetto, è preghiera con cui l’affidiamo a quella misericordia di Dio che lui ci ha testimoniato con fiducia incrollabile ed è riconoscenza e ringraziamento per quanto quest’uomo ci ha donato con la sua parola, con i suoi gesti, con il suo cuore di pastore, il suo farsi parroco del mondo intero.
Don Ivan Maffeis,
Vescovo
Fotogallery
DISCLAIMER: Questo articolo è stato emesso da Arcidiocesi Perugia-Città della Pieve ed è stato inizialmente pubblicato su diocesi.perugia.it. L'emittente è il solo responsabile delle informazioni in esso contenute.